In tema di stato passivo del fallimento, va riconosciuta la prededucibilità del credito del professionista, chiamato alla redazione del piano di attestazione del concordato in bianco, anche qualora la domanda concordataria sia stata dichiarata inammissibile. Lo chiarisce la Corte di Cassazione (Sez. 1 civ.), con la sentenza n. 25471/2019 depositata il 10 ottobre, che si pone in linea con altri recenti interventi della giurisprudenza di legittimità (cfr., da ultimo, Cass. 7.10.2019, n. 24953).

La Corte ha così accolto il ricorso presentato da uno studio di commercialisti, con il quale veniva contestata la decisione del tribunale che, una volta rigettata la domanda di concordato e dichiarato il fallimento, aveva ammesso al passivo il credito vantato dal professionista attestatore, negandone però il carattere prededucibile, sulla base dell’argomentazione per cui la redazione della relazione non aveva avuto, nel caso di specie, alcuna utilità nella procedura, mancando i presupposti per l’ammissibilità del concordato.

Essa, del resto, conteneva un’attestazione avente ad oggetto la non fattibilità del piano concordatario, tanto che, secondo il tribunale, non avrebbe dovuto neppure essere prodotta insieme alla proposta e al piano, in quanto inutile.

La Cassazione ha però rigettato l’impostazione del tribunale, riconoscendo che il credito deve essere considerato prededucibile, in quanto, in primo luogo, deriva da un atto legalmente compiuto dall’imprenditore, visto che è la legge a imporre la predisposizione di una relazione che attesti la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano che deve accompagnare la domanda di concordato. D’altra parte, il credito è sorto “in occasione” di una procedura concorsuale (quella di concordato), trovando così giustificazione la sua collocazione in prededuzione nel successivo fallimento anche alla stregua della diversa norma di cui all’art. 111, ultimo comma, l. fall.

Si deve d’altra parte considerare, seguendo il ragionamento della Corte, come la relazione del professionista sia stata utile per tutti i creditori della società, quanto meno per non avere ritardato inutilmente l’apertura della procedura fallimentare.

In questi termini la Cassazione ha deciso la causa anche nel merito e ha liquidato la somma richiesta.