La Cassazione, con l’ordinanza n. 27544/2019, depositata il 28 ottobre, fornisce importanti indicazioni in tema di omologa del piano del consumatore, previsto dalla legge n.3/2012, come integrata dalla l. n. 221 del 2012.

I giudici della prima sezione civile hanno accolto il ricorso di un debitore avverso il decreto del tribunale che respingeva l’istanza di omologazione del piano del consumatore proposto dallo stesso – la cui durata era stabilita in circa dodici anni – perché non rispondente ai principi generali, ricavati dal concordato preventivo, della ragionevole durata, stimata in massimo cinque anni.

La Corte innanzitutto chiarisce che il tribunale, nel respingere il reclamo del debitore, si è attenuto a quanto previsto dalla legge Pinto (sulla responsabilità risarcitoria dello Stato per irragionevole durata del procedimento), essendo “diffusa l’opinione, tra i giudici di merito, che la fase esecutiva di un concordato liquidatorio debba concludersi in un arco temporale non superiore al triennio, mentre un concordato in continuità aziendale debba esaurirsi nell’ambito del quinquennio“.

La Corte, poi,  prende atto che la Legge 3/2012, nell’introdurre, con gli artt. 6 e ss., le procedure di composizione della crisi, al fine di porre rimedio alle situazioni di sovraindebitamento per i debitori non assoggettabili alle (altre) procedure concorsuali, non ha previsto un limite massimo di durata di queste procedure, né indicazioni diverse si rinvengono nel nuovo Codice della Crisi d’Impresa, che entrerà in vigore nell’agosto del 2020, malgrado la nuova configurazione dell’istituto (ristrutturazione dei debiti e concordato minore).

Per questo la giurisprudenza ha ritenuto di dover colmare il vuoto normativo, soprattutto per quanto riguarda il piano del consumatore, di cui i creditori possono solo contestare la convenienza. Da qui la previsione, a tutela degli interessi creditori, di un “limite implicito, in analogia a quello elaborato dalla giurisprudenza con riferimento alle procedure concorsuali, vale a dire quello di 5-7 anni”.

Con l’ordinanza in commento, però, la Cassazione, ribaditi i principi espressi dalla stessa sezione (cfr. Cass. n. 17834/2019), specifica che non può aprioristicamente escludersi che gli interessi del creditore risultino meglio tutelati con un piano del consumatore che pur preveda una dilazione di significativa durata (anche superiore ai 5-7 anni).

In conclusione, nella sentenza viene statuito che interpretare troppo restrittivamente le regole relative al piano del consumatore rischia non solo di minare la ratio dello strumento, ma mal si adegua anche al mutamento della cultura giuridica europea, più aperta a concedere al debitore una seconda chance.